L’editoriale con cui Alberto Batisti presenta “La casa dei suoni”, la nuova stagione della Camerata Strumentale Città di Prato.
Prato ha una Casa, Palazzo Martini, che riunisce la Scuola di Musica «Verdi, la Camerata strumentale e Rete Toscana Classica, tre istituzioni consacrate a un’unica missione, tre percorsi paralleli che educano e formano alla gioia della musica, progettano e producono la bellezza della musica, infine diffondono e comunicano la ricchezza comune della musica. È un’architettura di suoni, proprio come la musica stessa. Non a caso le due discipline utilizzano una medesima parola per esprimere la sostanza del loro pensiero: composizione architettonica, composizione musicale.
Entrambe, infatti, mettono insieme elementi diversi ed eterogenei per realizzare qualcosa di più grande e di più complesso, ma soprattutto spazi, materiali o sonori, abitabili da tutti.
Con questa stagione di concerti e di iniziative vogliamo celebrare ed esaltare l’idea della costruzione, alla quale lavorano tutti i cantieri di suoni che sono stati aperti nei vent’anni di vita della Camerata: le officine di formazione del pubblico e dei ragazzi, la Sinfonietta dei giovani musicisti, il Coro della Città, e naturalmente quella fabbriceria che restituisce a vita sonora i progetti d’architettura musicale, ovvero le partiture dei grandi compositori di ieri e di oggi che la Camerata fa passare dal segno scritto sulla carta all’emozione viva dell’esecuzione.
La casa dei suoni che proponiamo come dimora della comunità non è una metafora, ma piuttosto un modello concreto, perseguibile e nei nostri sogni realizzabile. È il luogo in cui s’impara ad ascoltare le ragioni degli altri, in cui si misura il proprio contributo su quello degli altri, in cui s’impara ad armonizzarsi con gli altri e diventare, appunto, comunità. L’Orchestra, il Coro, il far musica insieme sono esattamente questo, luoghi in cui ciascuno offre il proprio contributo di suoni alla costruzione di qualcosa di più grande e più bello, che da soli non riusciremmo mai a realizzare. Sono dunque modelli di partecipazione responsabile, esattamente come quella del pubblico, che è ugualmente parte attiva e viva nell’esaltare l’emozione di un concerto.
Per questi motivi, la nostra Stagione ha la sua Ouverture nella partitura “The Building of the House (La costruzione della casa)” di un compositore che ha un posto speciale nel Pantheon della Camerata e di Prato, Benjamin Britten. Fu composta per l’inaugurazione di un sogno che diventava realtà, la nuova sala da concerti del Festival di Aldeburgh, che Britten stesso aveva fondato nel piccolo paese dove aveva scelto di vivere, in riva al mare. In quel pezzo che festeggiava il raggiungimento di un traguardo condiviso, Britten volle che cantasse tutto il paese e inserì un intervento corale con le parole di un Salmo. Nel nostro concerto inaugurale, idealmente sarà la città a cantare, nelle voci del suo Coro.
La nostra casa fatta di musica e per questo senza muri, senza porte, senza chiavi, perché è patrimonio di tutti, avrà la sua «Consacrazione» nell’ultimo concerto, con la musiche di Beethoven composte per l’inaugurazione di un teatro e intitolate appunto “La consacrazione della casa”, che abbiamo affiancato a una magnifica e poco eseguita Ouverture di Antonin Dvořák, “Můj Domov, (La mia casa)” e alla “Pastorale” di Beethoven, la Sinfonia che esorta a ritrovare l’armonia fra l’umanità e la Natura, la casa che tutti
abitiamo e che ci dà la vita.
In un particolare programma, ci è parso giusto approfittare del genio di Kurt Weill e Bertolt Brecht per mettere in mostra, come antitesi, la nascita e la degenerazione di una città che si immola al dio denaro e alla corruzione. È “Mahagonny”, che Jonathan Webb dirige nella versione cabarettistica originale di “Songspiel”, con la partecipazione di giovani cantanti premiati al Concorso Lirico «Belli» di Spoleto.
C’è molto Dvořák in questa Stagione, c’è il profumo dei boschi boemi e la struggente ricchezza melodica di quella terra, che sprigiona dalla Sinfonia «dal nuovo mondo», scritta in America pensando alla patria, e dalla tenerissima Serenata per archi.
Abbiamo voluto offrirvi anche due pagine che da quella partitura sono scaturite e che ne incarnano la diretta discendenza, la “Suite” di Janáček e la “Serenata” di Suk. Se inanelliamo queste partiture, alle quali si aggiunge anche la “Sinfonia «di Praga»” di Mozart, potremmo affettuosamente chiamare il programma sinfonico della Camerata una «Bohemian Rhapsody».
In coerenza con questo percorso di poesia della natura cantata in musica, per la prima volta nei suoi vent’anni di storia, la Camerata offre al pubblico un capolavoro che ha subito l’oltraggio di un’eccessiva popolarità, le Quattro Stagioni di Vivaldi. È Luigi Piovano che ci garantisce con la sua raffinata musicalità un risultato autorevole e originale in una proposta che è anche un atto di riparazione.
Infine il Natale, che quest’anno festeggeremo in San Francesco con due concerti diretti da Filippo Maria Bressan. Guidato dal suo magistero e dalla sua autorevolezza, il Coro della Città insieme alla Camerata farà gli auguri a Prato intonando una pagina squisitamente natalizia e teneramente intima di Gerald Finzi, il cui titolo esprime l’aspirazione più alta: “In terra pax”.
Alberto Batisti, direttore artistico della Camerata Strumentale Città di Prato.