Una delle più belle soddisfazioni che la Camerata ha avuto in questi primi venticinque anni di vita è stata quella di far conoscere alla nostra comunità tanta musica e tanti capolavori. Offrire l’opportunità di restituire vita sonora a pagine che sono fra i più illustri prodotti dell’ingegno umano e della creatività immaginativa è la missione di ogni istituzione musicale e in particolare di un’orchestra.
Fra i nostri doveri c’è indubbiamente l’impegno all’esecuzione delle partiture che sono i fondamenti del repertorio, in modo che tutti, dai più piccoli ai più anziani, possano nutrirsi di quella bellezza. Limitarsi a ripercorrere queste musiche amatissime potrebbe tuttavia sortire come effetto l’omissione di un altro compito, non meno importante. Esso consiste nell’accendere la curiosità del pubblico verso autori meno frequentati o composizioni meno note, ma che è giusto offrire all’ascolto perché rivelano meraviglie. In sala da concerto, così come nei teatri d’opera, si dovrebbe invitare il pubblico a conoscere e non solo a riconoscere ciò che già ama. Altrimenti sarebbe come andare in libreria a comprare sempre lo stesso libro, cosa che notoriamente non succede. Questa Stagione della Camerata, come accade da un quarto di secolo, cerca di mantenere fede a entrambe le vocazioni, mettendo però un particolare accento proprio sul «piacere della scoperta», così come l’indimenticabile Piero Angela ha insegnato a tante generazioni di italiani.
È la fiducia che ci avete accordato in tutti questi anni il movente che ci sprona a presentarvi The Patience of Trees, composto da Dobrinka Tabakova solo due anni fa, un lavoro di grande suggestione e di squisita fattura, o la splendida pagina per viola e archi Monolog di Alfred Schnittke. Conoscere la musica del nostro tempo ci porta ad allargare i nostri orizzonti culturali e ad affinare la nostra sensibilità di ascolto. Il confronto con l’attualità ci ha spronato anche ad aggiornare la veste grafica del nostro emblema, un’altra piacevole scoperta fra le tante che questa Stagione vi propone. Potrete conoscere perle rare e preziose come le Suites di Quincy Porter e Max Reger, le Sinfonie di Carl Ditters von Dittersdorf sulle Metamorfosi di Ovidio, o ancora le geniali pagine strumentali che ornano Les Indes galantes di Rameau, capolavoro assoluto del teatro musicale settecentesco. Infine, chi conosce in Italia quel gioiello della Cantata Saint Nicolas di Britten? Basta aspettare fino ad aprile, quando tanti di voi potranno rispondere che a Prato l’hanno ascoltato e sono felici di averlo scoperto. Perché di musica meravigliosa ce n’è tanta ancora da conoscere, credeteci.
Alberto Batisti
Direttore Artistico Camerata Strumentale di Prato